lunedì 27 agosto 2012

JINGLEE


Eid Mubarak!
Questo si augura alla fine del Ramadan, dove finalmente tutti si possono dare ai bagordi dopo un mese di restrizioni! Diciamo che io l’ho patito poco, sia perche’ protetta dalla bolla, sia perche’ sono stata fuori dal Magic Kingdom per un po’.
In particolare siamo tornati da un viaggio in Sri Lanka. Non vi tedio con il racconto del mio viaggio, ma si tratta di un paese in qualche modo connesso con l’Arabia Saudita. E di questo voglio parlare.

Jinglee e’ il termine con cui gli expat britannici chiamano gli immigrati del subcontinente indiano. Non e’ proprio un termine carino, visto che l’accezione originale e’ sicuramente classista se non razzista, ma di fatto e’ maggiormente usato in modo bonario.
Tra questi ovviamente c’e’ una buona fetta di gente che viene dallo Sri Lanka. Andare in vacanza li’ per certi versi ha rappresentato una continuita’ e poca novita’, ma mi ha permesso di vedere l’altro lato della medaglia, quello che sta dietro le persone che vedo lavorare qui.

I jinglee in Arabia
Chi vive da questa parte di mondo sa bene che vita fanno i jinglee, come vengono trattati e quanto guadagnano (un tea boy - strano mestiere che esiste solo qui: e’ l’addetto che negli uffici va avanti e indietro servendo tazze di te’ e caffe’ a quelli che fanno finta di lavorare - guadagna circa 50-70 Euro al mese). Sono quelli che svolgono i lavori piu’ umili, quelli per i quali non e’ richiesta alcuna competenza specifica, in condizioni a volte molto difficili. Non solo per il clima, ma anche per come vengono trattati, male, e non certo dagli occidentali! La schiavitu’ qui esiste ancora. Poi per carita’, non voglio dare solo l’immagine dei “poverini” eh, quando vogliono sono cattivi anche loro! Ma la maggioranza subisce.
Tipico poi e’ il modo di vestire, tutti uguali, da jinglee appunto: jeans e improbabili camicie colorate tipo patchwork, di quelle a quadretti con taschini di altri colori a contrasto o con grandi scritte ricamate (in inglese e non mancano gli errori!), cappellino con visiera e ciabattoni.
Guadagnano pochissimo, ma si danno un gran daffare per arrotondare e alla fine gli bastano: ci campano e li mandano anche a casa! Normalmente tornano a casa ogni 2 anni per un paio di mesi.

I jinglee in Sri Lanka
Quello che questi ragazzi lasciano (e ritrovano) e’ un mondo di poverta’, un paese dalle grandissime risorse naturali ma che danno solo sopravvivenza.
Ma qui la prospettiva delle cose, incredibilmente, si ribalta: quelli che emigrano e che in Arabia vivono come ho descritto sopra, in patria sono privilegiati, perche’ hanno un’opportunita’ che gli altri non hanno, e passano ad un piu’ elevato status sociale.
Qualche esempio.

Il ragazzo in partenza:
All’aeroporto di Colombo, volando verso Bahrain, con noi c’erano un paio di ragazzi che stavano emigrando. Li vedi subito: vestiti da jinglee, ben lavati e stirati, pronti per una nuova avventura, con in mano il passaporto nuovo di zecca e il biglietto aereo con il logo dell’agenzia di reclutamento. Si perche’ questi movimenti migratori sono ben organizzati: sparsi nel paese (e in tutto il subcontinente indiano) ci sono degli uffici di agenzia di reclutamento per lavori all’estero, che ti danno il lavoro e il visto, di solito per un paese del middle east.

Il nostro autista:
(e’ cosa comune prendere un auto con autista in Sri Lanka, visto che e’ abbordabile e le strade sono infernali)
Fernando ha lavorato 7 anni negli Emirati, era la’ con la moglie. Non abbiamo mai chiesto che lavoro facesse, visto che sappiamo come vanno le cose da queste parti... Non sappiamo che tipo di vita abbia fatto li’ (forse negli UAE e’ un filino meglio che in Saudi), ma ora nel suo paese e’ una persona privilegiata. Fa l’autista e lavorando con i turisti guadagna bene, si puo’ permettere di mandare un figlio all’universita’ (si vedeva che era il suo piu’ grande orgoglio), si puo’ permettere l’aiuto domestico (rivalendosi su classi sociali ancora piu’ basse, perche’ la storia si ripete ovunque, anche se in piccolo).

Il fratello del nostro autista:
Suo fratello e’ uno dei tanti srilankesi che vivono in Italia, e’ li’ da 30 anni, dice che ha anche la cittadinanza italiana. In Italia fa l’operaio nell’industria della carne, dice che ha fatto un sacco di soldi, che ha fatto tante ore di straordinario e che in Sri Lanka e’ considerato un uomo molto ricco e che in patria si e’ costruito un grande villa.

Il gestore di un hotel:
anche lui reduce da 7 anni in Qatar, anche lui chissa’ che lavoro faceva e che vita ha potuto condurre li’... Eppure la sua occasione ce l’ha avuta: ora gestisce un hotel, indossa scarpe chiuse (pensare che la meta’ della popolazione gira scalza, un quarto gira in infradito e il resto mette le scarpe) e addirittura la cravatta!! Una brava persona, che si da un gran daffare per mantenere quello che ha ottenuto.

Ayubowan!
(saluto dello Sri Lanka)





lunedì 6 agosto 2012

IL MIO PELLEGRINAGGIO TRA LE PARRUCCHIERE SAUDITE

Niente, non c’e’ niente da fare, non imparo. Anche stavolta sono andata a cercarmi una parrucchiera saudita, anziche’ rivolgermi a quelle del compound, dove vanno tutte le expat. E’ che in questo paese le occasioni di incontro tra le persone non ci sono, non solo tra uomini e donne, ma anche tra donne. E io occidentale ho voglia di vedere come sono sotto l’abaya e la maschera. Cosi’ la parrucchiera e’ un’ottima occasione.

La prima esperienza l’avevo raccontata qui ed era stato un disastro.

Per il secondo tentativo ho deciso di espatriare e sono andata in Bahrain: anche qui ci sono i ladies center, ma al Seef Mall c’e’ anche Tony & Guy e ho deciso di andare li’. Ho speso un botto di soldi e sono uscita con un taglio britannico che sembravo Martin Kemp degli Spandau Ballet, quando era biondo. Certo bastava che aprissi bocca e gli improperi in milanese toglievano ogni dubbio.

E l'altra settimana ci ho riprovato. Sono stata dalla parrucchiera dentro il Rashid Mall, nella zona chiamata Ladies Boulevard. Questa e’ una zona chiusa il cui accesso e’ esclusivamente riservato alle donne, all’ingresso c’e’ anche una guardia (come anche in altri negozi il cui accesso e’ riservato alle signore) a controllare. Qui dentro le donne si scoprono la faccia e tolgono l’abaya.



In questa ala del mall c’e’ un’area centrale con un caffe’ e tutto intorno dei negozi gestiti da donne. Tra questi c’e’ una banca (le banche hanno normalmente una Ladies Branch), un ottico (certo, tu donna che indossi la maschera, come fai a capire se un paio di occhiali ti sta bene?? In alcuni negozi di ottica c’e’ una cabina chiusa con lo specchio, per farli provare senza velo), negozi di bigiotteria e abbigliamento, un Nail Center e la mia parrucchiera.

Io lo so che chiedere di fare i colpi di sole non e’ una cosa saggia da queste parti, e’ ovvio che non hanno esperienza, ma a me piacciono le esperienze adrenaliniche ed eccomi la’! Mi hanno affidata a Ruwena, che poveretta voleva fare del suo meglio ma... mi ha fatto lunghi discorsi in arabo, mentre le altre clienti ridacchiavano compassionevoli, io la guardavo con occhi sbarrati; lavandomi la testa mi ha anche lavato la faccia, voleva rimediare e con l’asciugamano mi ha ficcato un dito in un occhio (che con le lenti a contatto non e’ proprio un’operazione da fare...) e poi l’acqua nelle orecchie......io ooooooooodio l’acqua nelle orecchie!!!! Mezza testa di colpi me l’ha fatta lei, mentre l’altra meta’ si e’ fatta aiutare da una filippina (e gia’ cosi’...due mani sulla stessa testa...), sgrindandola continuamente perche’ non faceva bene (ma proprio sulla mia testa?!?!?!?!). Al momento del taglio e’ intervenuta un’altra filippina, con tanto di mascherina azzurra sulla bocca (tutte la’ dentro ce l’avevano, sembra che nessuna sopporti l’odore delle tinte...): sembrava quello dei coltelli della Miracle Blade, mi si e’ avvicinata brandendo pettine e forbici (mi e’ sembrato di sentire un grido di guerra...mi e’ sembrato eh), io ho chiuso gli occhi e ho lasciato che fosse...

Anche questa e’ Arabia Saudita.